18 marzo, 2008

La prima volta

Un giorno un amico d'Ivrea ci ha accennato alla Grande Traversata del Biellese e noi con sufficienza ma in fondo un po’ vergognosi, abbiam detto “Ah sì, dev’esser bella… vediamo i segnavia ogni tanto girando in montagna…”. A malapena sapevamo che esisteva! Poi un giorno…

Non è forse l'Epifania il giorno più adatto per iniziare la Grande Traversata del Biellese, ma tant'è, siam partiti e da lì in poi è facile, basta mettere un piede davanti all'altro e ci si prende gusto. Delle quindici giornate in cui è suddivisa la GtB, a loro volta formate da tre o quattro tappe brevi, abbiamo scelto la n°5 Cerrione-Mongrando perché vicina e nel territorio a noi ben noto: la bellissima magica Bessa.
Percorrendo la GtB non c’è l’obbligo di andare in sequenza, le tappe possono essere mischiate a piacere e si possono fare anche a rovescio, ad esempio Mongrando-Cerrione, la segnaletica funziona lo stesso.
La giornata non è delle migliori, fa freddino è umido ed il cielo è coperto. Lasciamo l'auto a Cerrione dopo aver trovato la partenza della tappa alla periferia del paese, vicino ad un vecchio pozzo molto in tono con il percorso della GtB che predilige sfiorare gli angoli autentici, ancorché vetusti, dei paesi che tocca.
Dal tipo di sentiero che ci scorre sotto i piedi capiamo subito, Barbara ed io, che è il genere di cammino che ci piace. E’ una delle tante carrarecce sconnesse della Bessa, piena di sassi smossi e foglie secche e scivolosa e fangosa abbastanza da scoraggiare i ciclisti, autentica strada da lavoro dei secoli passati. Ha un nome d’un certo fascino: la strada di Mezza Bessa ed in effetti la percorre nel mezzo per buona parte della sua lunghezza.
E comincia così la nostra peregrinazione, pian piano ci prendiamo gusto a cercare i paletti segnavia mirabilmente disposti, pochi e solo dove servono, tutti uguali con la loro lamiera gialla che li rende ben visibili. Si cammina e la Bessa intanto ci regala alla vista sempre angoli nuovi, radure, coltivi e vigne abbandonate, fontane, muretti di pietre a secco, licheni e muschi, massi erratici piccoli, grandi, scavati ad uso di vasca, uno si chiama Roc dai lader (masso dei ladri), alcuni hanno le coppelle. Per tanto che la si percorra in lungo ed in largo la Bessa ti rivela sempre qualche cosa di nuovo, come un prestigiatore col suo cappello magico.
Nei prati aperti, ma anche lungo il margine della strada, si vedono le zolle rivoltate dai cinghiali ghiotti di una piccola radice, una specie di tubero grosso come un chicco di mais, l’ho assaggiato ed è buono, sa di castagne.
Negli ultimi anni si sono diffusi tantissimo i cinghiali (i nostri cacciatori erano impreparati a quel tipo di caccia, ma ora stanno recuperando), con danni alle colture minori ai margini dei paesi, e danni maggiori a tutti i prati e pascoli specie in montagna; il pascolo così dissodato non solo peggiora la qualità dell’erba per gli anni successivi ma peggio apre la via alla crescita di piante legnose e rovi sicché il prato diventa in fretta un arbusteto e addio erba.
Quello che c’e’ di eccessivo qui nella Bessa, è la vegetazione (c’è chi la chiama biomassa, ma sa di raccolta differenziata), lo spettacolo era molto più affascinante pochi decenni fa quando i vastissimi cumuli di pietre erano in vista, la pietra assume colorazioni cangianti al variare della temperatura e del tipo di luce. Nessuno più raccoglie la legna e tiene a posto i boschi, le acacie e le betulle da vere assassine soffocano i cumuli di pietre e cancellano l’immagine di quella enorme miniera a cielo aperto che era la Bessa fino ai primi anni ’60, un patrimonio che stiamo perdendo.
Camminando nei giorni d’inverno c’è di bello che la luce è magnifica per via del sole basso sull’orizzonte, per le fotografie in esterno e specie per i paesaggi è una vera manna. La luce del sole basso è come un abito di gala. Le ombre lunghe degli alberi, l’esaltazione dei colori di foglie e tronchi, le luci radenti sui pendii e sulle pietre sono una ricchezza per chi ama e sa guardare.
Camminando ci piace pensare che il nostro Biellese è ricchissimo di questi scorci, ed è forse per questo che ci stiamo affezionando ai segnavia gialli della GtB. Seguendoli, come fossero il filo d’Arianna, essi ci guideranno in una lenta grandiosa cavalcata attraverso tutto il Biellese a scoprire migliaia di particolari di natura, di storia, di opere dell’ uomo.
Si passa accanto e si entra anche un poco nei percorsi didattici in territorio di Vermogno dove c’è un centro visite frequentato più da torinesi e stranieri che da noi biellesi. Sempre a Vermogno c’è anche, per chi non o sapesse, il museo dei cercatori d’oro ed un’area apposita dove si svolgono gare di cerca dell’oro. L’associazione biellese dei Cercatori d'Oro è molto attiva, forse la maggiore in Italia ed è conosciuta in tutto il mondo.
Ma Camminando viene anche appetito e ci fermiamo un momento in un angolo al tiepido sole per un parco spuntino (uova sode e noci e un po’ di the, bella invenzione il thermos) .
In altre tappe è possibile fermarsi in qualche locanda a consumare un primo piatto caldo e ripartire subito, ma questa tappa si snoda tutta nella Bessa ed i Geni e le Ninfe dei boschi, che certamente ci osservano, non hanno ancora aperto ristoranti, per ora.
Arriviamo così all’altezza di Borriana che sta oltre l’Elvo, il torrente che da un po’ ci accompagna col suo lontano rumore d’acqua.
Da un paio di chilometri la bella strada di Mezza Bessa è stata fagocitata da una più banale strada di ghiaia che ci conduce fin quasi alle cave Barbera in territorio di Mongrando. Qui un segnavia salvifico (ci stavamo intristendo a camminare sulla ghiaia, non abbiamo mica le ruote!) ci fa rientrare in una carrareccia di nuovo umana che con vari giri e rigiri ben segnalati, sempre nel bosco e talora in salita e discesa ci porta ad una frazione di Mongrando dove finisce la tappa.

Barbara ed io ci guardiamo negli occhi come per interrogarci, ma è inutile parlare.
E’ evidente che sono bastati questi pochi chilometri in un territorio che in fondo già conoscevamo per farci innamorare della GTB.

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